Il nostro Manifesto

18 Giugno 2017

Dopo due anni e mezzo di collaborazione, siamo stati invitati da IFAD (l’agenzia della FAO per i progetti in campo agricolo) a presentare il nostro modello di filiera corta a
tutto lo staff IFAD.

Ecco cosa abbiamo detto; se avete 5 minuti, lo consideriamo un po’ il nostro “manifesto”

“L’Albero del Caffè è una torrefazione artigianale di Bologna.

Compriamo solo caffè certificato biologico e fairtrade da agricoltori di cui conosciamo il viso.

I nostri prodotti si posizionano nella fascia alta/gourmet del mercato e fortunatamente abbiamo una buona e costante crescita, nonostante il momento di crisi.

Il percorso con IFAD è cominciato nel 2012 con la valutazione dei caffè del progetto di Sao Tomè e l’incontro con i produttori.
Nel dicembre 2013 abbiamo preso parte alla sessione di cupping dei caffè dei progetti IFAD ed abbiamo ricevuto le delegazioni dei produttori nel nostro laboratorio.
A luglio 2014 abbiamo preso parte alla missione esplorativa in Nicaragua.

Facciamo parte dell’Associazione Cafè Latino, che tra le varie attività coordina anche un gruppo di acquisto solidale e diretto che va oltre il semplice acquisto di caffè.

Crediamo che una buona relazione commerciale sia possibile solo se c’è rispetto reciproco e se è possibile realizzare una filiera di qualità.

La filiera si costruisce con professionalità e tanto lavoro.

Il rispetto è più intangibile.
Significa commercio oltre il commercio. Significa incontrarsi attorno al tavolo dell’empatia.

Come gruppo di acquisto paghiamo il caffè con un differenziale che è più alto di un caffè con doppia certificazione biologica e fairtrade. Più di uno specialty coffee.
Prefinanziamo il 60% dell’acquisto. Investiamo parte del ricavato in progetti sociali dei produttori, come materiale per le scuole, nutrizione dei bambini e parità di genere.

Crediamo che la chiave del successo sia differenziare le entrate delle cooperative: la chiave del successo per un produttore di caffè è non aver bisogno di vendere il caffè.
Ad esempio coltivando nei cafetales anche frutta e verdura che miglioreranno la dieta delle famiglie.
Realizzando piccole torrefazioni per vendere sul mercato locale la seconda qualità. E altro ancora.

Insegnando cosa è la “qualità”, quali obiettivi possono sperare di raggiungere con il loro prodotto e quali no. Lavorando con loro per trovare una strada fattibile, sostenendoli nel percorso.

Possiamo farlo perché siamo artigiani. Siamo partiti da zero; abbiamo passione. Le piccole cooperative somigliano molto alle nostre piccole aziende: dobbiamo venderci ogni giorno nel mercato, siamo responsabili del nostro fallimento o successo. E le nostre famiglie pagheranno con noi. Proprio come i piccoli produttori di caffè.

È per questo che ci capiamo. Da qui parte il reciproco rispetto.
Ed in poco tempo diventiamo amici.
Su questa autostrada gira la relazione commerciale. Stagione dopo stagione, anno dopo anno.

Mi chiedete che consigli vorrei dare ad IFAD: i grandi successi hanno bisogno di tempo e professionalità.
Normalmente i progetti finanziati non prevedono abbastanza tempo per impostare risultati a lungo termine. Grandi numeri in poco tempo non sono risultati reali.

Un esempio: abbiamo cominciato con una piccola cooperativa in Guatemala, a Huehuetenango, che produceva un container venduto a basso prezzo agli intermediari locali.
Oggi esportano direttamente 15 container al prezzo di specialty: principalmente US, Giappone e Inghilterra. E noi ne compriamo solo uno. È un grande successo.
Ma il vero successo è che localmente la cooperativa è famosa per le attività sociali: hanno cambiato le vite non solo dei soci, ma di tutto il villaggio. Bello, vero? Però ci sono voluti 8 anni.

Voi avete la possibilità di migliorare il mondo.
Il mondo vi guarda speranzoso.
Noi piccoli produttori vi guardiamo con fiducia.”

Dopo di noi ha parlato la Kraft.